Romolo Galassi


Romolo Galassi, camerata bresciano, ha la consacrazione più bella nella medaglia d'oro concessa alla sua memoria:
MEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE
Volontario in A.O. guidava per due volte il suo reparto all’attacco d’importante posizione nemica resistendo poi a reiterati violenti contrattacchi. Ferito continuava a combattere e ad incitare le sue camicie nere finché, colpito a morte da palla dum dum, mentre lanciava il suo reparto ad un nuovo assalto, lasciava gloriosamente la vita sul campo. Esempio magnifico di alte virtù militari.
Uork Amba, 27 febbraio 1936.

La Sua vita di pace fu tutta per la Patria. La Sua vita di guerra si è conclusa col sacrificio.
Fu tra i fondatori del Fascio di Brescia, squadrista della «Disperata» — che in ogni centro rappresentava il fiore dell’ardimento — aveva partecipato alla Marcia su Roma.
Al nuovo appello non poteva mancare.
Romolo Galassi morì il 27 febbraio 1936 nell’assalto all’Uork Amba, la Montagna d’oro che si erge sul fianco occidentale di passo Uarieu, col suo poderoso e tipico sistema bicorne. L’ora della sua conquista nel complesso della grande offensiva, che il Comando superiore aveva prestabilito, era suonata. Bisognava assicurarsi il possesso dell’amba, per poi poter manovrare verso Abbi-Addi sulla piana del Beles, che conobbe in gennaio l’eroico sacrificio dei battaglioni del «Diamanti».
Spettò, ancora una volta, alla «28 ottobre», uscita appena dalla difesa ad oltranza di passo Uarieu, l’onore di ingaggiare la partita definitiva, che doveva darci il completo possesso del Tembien, con i 40.000 uomini di ras Cassa, del suo collega Sejum e di una turba di sottocapi.
L’azione è iniziata nella notte dal 26 al 27 dalle audaci pattuglie dei rocciatori del C.M. Tito Polo che si attestano sulle pendici sud, mentre la ll4.a legione «Garibaldina» attacca quelle settentrionali. Il battaglione «Brescia» è all’avanguardia e alle 6 del mattino viene a contatto col nemico.
La leggendaria impresi di Polo è riuscita, bisogna perciò che non venga annullata dalle controffensive del nemico. I «leoni» di Brescia, saldi come le rocce delle loro montagne, scrivono qui una delle più belle pagine della guerra africana.
Si battono con impeto indescrivibile, fra episodi di altissimo valore. Gli assalti si susseguono agli assalti. In uno dei momenti più disperati del contrattacco, le camicie nere scattano urlando: «A chi l’Abissinia? A noi!».
[...] Il 114 Battaglione «Bergamo», riserva del «Brescia», freme dall'impazienza di sostituire i compagni, provati da sanguinosissimi scontri.
Ma non così la pensano i bresciani che vogliono tutta per sè la gloria della Montagna d'Oro.
Quando, alle 14.30 si sparge la voce dell'arrivo prossimo della colonna Buttà, le compagnie si preparano per il settimo assalto all'arma bianca.
Il nemico è saldamente insediato sulla vetta, protetto a meraviglia dalle anfrattuosità del terreno. E' bene armato e in posizione assai vantaggiosa.
Il fuoco concentrato delle artiglierie favorisce la fase di preparazione delle Camicie nere per l'attacco.
Alle 15 e 30 il seniore Morsero comunica al console Ricciotti di essere a sua disposizione. E s'incammina col suo instancabile reparto verso la sella fra l'Uork Amba e la Deber Ansà.
Intanto i bresciani scatenano la settima ed ultima offensiva. E' in testa la compagnia comandata da Romolo Galassi.
Le «ballerine» così i militi chiamano le mitragliatrici leggere cominciano a parlare a turno con raffiche improvvise e regolari.
Prima è l'arma di destra che spara, poi quella di sinistra, poi un'altra: il nemico che non vede nessuno, ma che ha assistito alla sconfitta subìta dai soccorsi per opera del 174 ° battaglione - comincia a scoraggiarsi.
Sei volte ha arrestato con gravissime perdite l'ardore dei legionari, ma ora forse il degiac Mesciascià Ilma comprende che ogni resistenza è vana.
Il reparto di Galassi avanza lentamente, ma con metodo. Una camicia nera cade. Il giovane comandante è accanto a lui per raccogliere il suo ultimo respiro, quando una pallottola lo ferisce al petto. Il sangue gli sgorga a fiotti dalla bocca.
Resta qualche istante con un ginocchio a terra e il capo chino.
- Camicie nere della Rivoluzione, a noi!
Il reparto scatta, tutt'assieme. Sotto una grandine di pallottole i Legionari si inerpicano verso il nemico. Un balzo ancora e poi sarà la vittoria. Il nemico ripiega.
- Signor capitano, è ferito!
- Non è nulla.

La vita fugge, bisogna far presto.
Un altro assalto. Grande bottino d'armi, ma non ancora la vittoria.
Romolo Galassi afferra una Breda, attende un istante che il battito del cuore e l'ansare del polmone ferito si calmino, poi esce fuori dal roccione che lo ripara, con l'arma puntata.
- All'assalto!
I volontari della Leonessa volano verso la vetta. Il nemico fugge ma Romolo Galassi cade nuovamente al suolo. L'arma rovente gli poggia sul corpo che sussulta, negli ultimi fremiti di vita.
Una pallottola dum-dum gli ha spaccato orrendamente il cranio.
- Capitano, sior Romolo!
Negli occhi dell'attendente l'ufficiale vede tutto l'orrore della sua ferita.
- Non fa male.
L'ultima visione dello sguardo morente è l'esultanza delle prime camicie nere che hanno raggiunto la vetta tanto contesa.
È la vittoria.
Bagnata dal sangue di 135 bresciani.
I tre eroici reparti della giornata, dormono in piedi, stanchi di fatica. Essi meritano di essere citati all'ordine del giorno della Nazione: 115° Battaglione «Brescia» Medaglia d'oro centurione Romolo Galassi.
Passa il Battaglione «Brescia». Levate la mano, commilitoni in camicia nera: passa il valore.

Alla vedova e ai figli tornerà un nastro azzurro con una medaglia d’oro; alla Val Camonica, che Galassi tanto amava, rimarrà il retaggio di una memoria da mantenere sempre viva, perenne e fulgido esempio di magnifiche virtù civili e militari.
Romolo Galassi riposa ora nel cimitero di passo Uarieu, dedicato al nome glorioso di padre Reginaldo Giuliani. Riposa con padre Giuliani, con Valcarenghi, con Paglia, con Paoli, con Montanari, con le altre fitte centurie di camicie nere, in mezzo ai rudimentali fortini che videro uno dei più gravi e decisivi momenti della guerra d’Africa.
La Madonnina del Tembien veglia nel tempo il sonno e la gloria di questi eroi.

FONTE:
- XXVIII ottobre, divisione d'assalto di Felice Bellotti
- Il Geometra, 1937


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