Nelle secolari lotte contro i Turchi i Bresciani divisero coi veneziani la fortuna delle armi, ora lieta, ora disgraziata.
A Lepanto la «Santa Eufemia» equipaggiata da bresciani, comandata da un Fisogni, era tra le prime galere del Veneto contro l'armata di Ali.[1]
Le due galee bresciane erano in prima fila nell'ala sinistra (Il 'corno' o fianco sinistro consisteva di 53 galee e 2 galeazze sotto il comando di Agostino Barbarigo) rispettivamente con i numeri:
• 32: Sant’Eufemia con emblema l'immagine di S. Eufemia al comando del sopracomito Orazio Fisogni
• 36: Cavallo Marino di Candia un cavallo marino battente l’orifiamma con un cavallo marino e i due santi patroni della città (SS.Faustino e Giovita) agli ordini di Giovanni Antonio Cavalli
Poco lontano con il n. 48 sulla Cristo Risorto di Venezia III con lo stendardo del Cristo Resuscitato condotta da Giovan Battisti Quirini, erano imbarcati marinai della Riviera benacense.
Altri bresciani che parteciparono a questo epocale evento non erano solo imbarcati sulle tre galee appena citate, ma erano presenti anche su altre unità. (Erano ad esempio i Martinengo Sciarra Cesaresco, Francesco Colleoni, Marcantonio di Villachiara; di Camillo Brunelli già capitano dei fanti bresciani nel 1570; di Giovanni Girolamo Negroboni con i suoi valtrumplini reduci gloriosi da una difesa di Famagosta nel 1566; di Giulio Tito Moreschi da Bagolino con i conterranei Gio. Antonio e Cesare Benini, i Tosi, i Nicolini e gli altri valsabbini: dei Gandini da Ghedi e di altri, fra i quali alcuni Sala e, degno di particolare ricordo, il colonnello Prospero Sala che si trovava imbarcato sulla galea di Seb. Veniero e vi morì)
Orazio Fisogni uscì indenne dalla mischia, dopo aver conquistato undici bandiere nemiche, ma con la perdita di moltissimi suoi uomini; Giovanni Antonio Cavalli si trovò a combattere contro due navi avversarie, le pose in fuga, ma rimase ferito.
Dell'eroico contegno tenuto dai bresciani, sopracorniti, gentiluomini, truppa e galeotti, in particolar modo delle prove d'ardimento date da Orazio Fisogni, Sebastiano Veniero fece cenno in un suo dispaccio al Senato veneto; trasmesso a Brescia unitamente ad una ducale di felicitazione e di gratitudine.
Mille Bresciani alla guerra di Cipro
Quando, nel 1570, una poderosa flotta turca decisamente mossa alla conquista dell'isola di Cipro, la repubblica di Venezia, minacciata nei suoi possedimenti di Levante, affrettò i preparativi di guerra e rivolse un ansioso, pressante appello alle città del Dominio per averne aiuto, denaro, armi.
Brescia prima fra tutte rispose, offrendo un corpo di mille uomini interamente spesati per sei mesi, al comando del col. Carlo Ducco e dei capitani Camillo Brunelli, Ortensio Palazzi, Ludovico Ugoni, Mario Provaglio.
Salò e la sua Riviera inviarono cento fanti guidati da Giuseppe e Antonio Mazzoleni e da Cornelio Fontana; altrettanti ne diede Orzinuovi con Francesco Lanzetti; la Valle Camonica mise a disposizione di Venezia, oltre le proprie cose e persone, cinquemila pesi di ferro crudo per l’Arsenale; la Valle sabbia contribuì con denaro, armi, paghe militari.
Da tutti i villaggi, da tutte le borgate del nostro territorio affluirono a schiere a giovani desiderosi di partecipare alla nuova crociata, mentre i più noti «venturieri» bresciani - i Martinengo, i Franzoni, gli Averoldi, gli Avogadro, i Gambara, i Negroboni, i Rodengo, gli Schilini, i Secco, i Porcellaga, i Rossetti da Ghedi, i Moreschi ed i Benini da Bagolino, e tanti altri - accorrevano a Venezia e si imbarcavano per l'Oriente.
Le non fortunate vicende del corpo di spedizione bresciano, la maggior parte del quale perì nel corso di una infruttuosa campagna militare, e la successiva fulgida giornata di Lepanto ove i nostri concittadini si coprirono di gloria al comando di Orazio Fisogni e di Giovan Antonio Cavalli, sono state ampiamente narrate da Carlo Pasero sulla scorta di un ricco materiale documentario in un volume "LA PARTECIPAZIONE BRESCIANA ALLA GUERRA DI CIPRO E ALLA BATTAGLIA DI LEPANTO"
La distribuzione dei mille fanti nelle cinque compagnie e la composizione di queste unità risultano dai ruolini che, allora compilati da ogni capitano e «per nome, pelo et segno», ci sono pervenuti ed appaiono di singolare interesse anche onomastico, familiare, linguistico, geografico. Non tutti gli arruolati erano Bresciani, pur militando sotto le insegne della città; c'era anzi una notevole aliquota di uomini provenienti da altri luoghi del Dominio di Terra Ferma, da Stati italiani non soggetti al governo veneto ed anche da paesi stranieri, in prevalenza spagnoli, forse qui filtrati attraverso i confini con il ducato di Milano; mentre gli ufficiali superiori erano inoltre tutti nobili cittadini, gli inferiori (luogotenenti, alfieri, sergenti, caporali) appaiono spesso estranei a Brescia, certamente scelti per la loro esperienza militare, utilissimi soprattutto allo scopo di inquadrare e dirozzare quella gioventù per la prima volta accorsa alle armi.
Prevalevano, come è ovvio, i rurali suoi cittadini; varia anche l'età, dagli imberbi ai canuti: sovente erano raggruppati nella medesima compagnia gli oriundi da egual patria; ogni capitano traeva con sé consanguinei, amici e terrazzani delle proprie ville o dei luoghi vicini: anche la presenza di un semplice caporale spiega l’arruolamento di un nucleo di compaesani, quasi una piccola compagnia di ventura, come quella dei belfortini di Carlo d'Oneda; pure frequenti i padri commilitoni dei figli, gli zii. dei nepoti, i fratelli dei fratelli. Vediamo nella compagnia Ducco parecchi giovani nobili bresciani arruolati come semplici fanti, probabilmente affidati alla sua sorveglianza ed a quella del Marzoli; Cesare Benini, ragguardevole personaggio di Bagolino, trae con sé molti valsabbini; Giacomo Savoldi di Castenedolo, l’Arici ed il Visinenzi di Botticino. Il Tomagnino di Gargnano, il Guerrini di Montichiari, Faustino Ravano ed il caporale Censo Pasotti di Asola guidano schiere di conterranei, così come, ad esempio, i cremonesi militano coll'alfiere Settimio Zaniboni e col sergente Giacomo Frugoni (compagnia Brunelli); i bergamaschi coll'alfiere Cornelio Avosti (compagnia Provaglio) e quei di Fermo col sergente Salvatore Morone e col caporale Bastiano Martinelli; i soncinati col caporale Gerolamo Amadori (compagnia Palazzi), e via di seguito. Nel complesso i bresciani rappresentavano all'incirca/il sessanta, gli italiani il trentacinque, gli stranieri il cinque per cento; i quali ultimi si addensavano nella compagnia Palazzi, mentre i primi - avevano preferito l'Ugoni ed il Brunelli; equilibrata la proporzione tra bresciani ed italiani nella compagnia del colonnello Ducco.
Si può dunque riconoscere che il reggimento non aveva un netto ed esclusivo carattere cittadino o provinciale; esso conservava ancora in un certo senso quell'impronta piuttosto raccogliticcia che era propria delle antiche e contemporanee formazioni di ventura e vi confluivano alla rinfusa giovinetti che soltanto allora uscivano dal chiuso domestico; giovinotti delle Ordinanze territoriali insofferenti delle fatiche dei campi e del natio borgo, smaniosi di novità di menar le mani, di correr per il mondo; artigiani che ripudiavano il mestiere forse ingrato e miravano a più larghi guadagni; irrequieti e turbolenti gentiluomini; anziani che ritornavano alle armi impugnate in gioventù ed anche veri e propri soldati di professione di svariata provenienza e di consumata perizia, maestri agli occasionali commilitoni.
Ma i capi eran pur sempre bresciani; bresciani i vessilli, le insegne, la quasi universale parlata, i costumi, le abitudini, i legami, i ricordi; bresciani il nome e l'onore del reggimento, e non soltanto il denaro delle paghe.
***
L'8 aprile (1570) i mille soldati di Brescia ed anche i duecento offerti dalla famiglia Porcellaga eran pronti, benché ancora in attesa delle armi. Venezia ordinò di farli immediatamente partire ed impartì tutte le necessarie disposizioni per il loro transito nei luoghi del territorio, l'imbarco a Verona sui burchielli che dovevan esservi approntati a tale scopo ed a Venezia sulle galere ormai alla fonda. La città ferveva di opere e di attesa. Per ordine del Consiglio generale la domenica 16 aprile venne cantata una Messa in Duomo e si procedette, alla solenne benedizione delle insegne di combattimento; le SS. Croci di Orofiamma e Campo furono processionalmente trasportate per le vie cittadine tra due ali di popolo orante e plaudente; ed infine l'intero reggimento, ormai armato ed inquadrato di tutto punto, si ammassò nell'ampia piazza del Mercato nuovo (ora Tebaldo Brusato) e fece bella mostra di sé, sfilando alla presenza dei Rettori veneti, della Municipalità e della cittadinanza ammirata.Il lunedì successivo cominciarono a correre sotto Loggia le prime paghe ai soldati iscritti nei ruolini; il 20 aprile venne lanciato il proclama con cui si ordinava la presentazione alle insegne di tutti gli uomini assoldati, con bando perpetuo o dieci anni di ferri sulle galere per i renitenti; il 26 aprile il reggimento bresciano finalmente si mosse alla volta di Venezia, accompagnato dai voti dei concittadini, guidato dal Ducco e dai quattro capitani, ai quali i pubblici magistrati avevan consegnata una commissione scritta di piena obbedienza al Serenissimo Dominio.
Carlo Pasero
FONTI:
1) guida Brescia e provincia
2) Il giornale di Brescia 1954-01-14
3) PASERO Carlo, La partecipazione bresciana nella guerra di Cipro 1570-1573, in Commentari dell’Ateneo di Brescia, curato da Ugo Vaglia, Tipografia F.lli Geroldi, Brescia, 1954
4) chieracostui
5) enciclopediabresciana
6) Benaco, notizie e appunti geografici e storici con vignette e carta corografica Di Giuseppe Solitro 1897
7) bresciagenealogia.wordpress.com
8) I salodiani a Lepanto
9) I nomi delle galee della Lega Santa alla battaglia di Lepanto, 1571
