Nel novembre 1848, il Ministro ungherese della Guerra Meszrosz inviò in Italia Giuseppe Carosini, che venne ricevuto dal Primo Ministro sardo-piemontese Barone Ettore Perrone a Torino. Per la necessità della lotta comune contro lo stesso nemico, il 15 dicembre 1848 venne conchiuso un patto di alleanza tra Luigi Kossuth e Vincenzo Gioberti, il quale mandò in Ungheria come ambasciatore il bresciano Barone Alessandro Monti, che di sua propria iniziativa organizzò con volontari la legione italiana e combattè valorosamente sui campi di battaglia di Szoreg e di Temesvàr.
La Legione italiana, forte di circa 2000 uomini, entrò in campagna, e partecipò alle operazioni offensive con risultati e sacrifici notevoli. Con pochi uomini, Monti tenne testa ad uno dei più forti eserciti della storia e si distinse per ordine e disciplina. Soffocata la rivoluzione dell'Ungheria i resti della gloriosa legione, citata dal Governo ungherese all'ordine del giorno, ripararono in Serbia. Gli uomini della legione erano quasi tutti lombardi e veneti disertori dell'esercito austriaco.
Alla fine della infelice campagna era ridotta a soli 450 uomini, i quali, il 20 agosto, riuscivano dopo faticosa ritirata a salvarsi, recando seco la bandiera dapprima in territorio serbo e poi in territorio turco; di qui la Legione fu imbarcara nella primavera del 1850 e diretta a Cagliari, dove venne sciolta.

La bandiera della Legione italiana d'Ungheria

«Soltanto un giovane, coraggioso Italiano
venuto a noi da un lontano paese
fu vicino a noi nei travagli
cento volte egli sia benedetto!...»

con lui vi erano anche i Bresciani:
• primo tenente Giovanni Lechi di Brescia;[1][2]
• tenente Cesare Abeni di Ospitaletto;[1][2]
• tenente Gaetano Beduschi di Brescia;[1][2]
• caporale Bortolo Comboni di Gargnano;[1][2]
• caporale Bortolo Castrezzati di Fiumicello;[1][2]
• caporale Pietro Valzelli di Borgosatollo;[1][2]
• soldato Martino Lucchi di Brescia;[1][2]
• soldato Giambattista Ciserchia di Chiari;[1][2]
• soldato Francesco Romano di Montichiari;[1][2]
• soldato Giovanni Caccia di Orzinuovi;[1][2]
• soldato Luigi Sonabelli di Chiari;[1][2]
Bettoni Michele di Brescia;[1]
Verardi Giovanni, Brescia;[1]
Rigoldi Antonio, Cologno (Brescia);[1]
Capeletti Giuseppe, Orzivecchi (Brescia;[1]
Caccia Giovanni, Orzinuovi (Brescia);[1]
Bernasconi Giacinto, Fiumicello (Brescia);[1]

Alessandro Monti (20 marzo 1818 — 22 maggio 1854) frequentò l’accademia del genio militare di Vienna; entrato nell’Esercito imperiale, nel 1847 raggiunse il grado di capitano del Reggimento di cavalleggeri «Hohenzollern».
Nel marzo del 1848, in congedo a Brescia, partecipò all’insurrezione antiaustriaca: organizzò la Guardia Nazionale e si segnalò nei combattimenti in Brescia tanto da essere nominato comandante delle milizie cittadine e di due battaglioni italiani che avevano abbandonato le bandiere austriache. Seguì il generale Allemandi come capo di stato maggiore della Divisione Lombarda che operava nel Trentino. Dopo Custoza, ritiratosi in Piemonte, cercò invano di entrare nell’Esercito sardo. Con il Ministro Perrone e poi con il Governo Gioberti iniziarono i contatti con il Governo ungherese per uno scambio di ambasciatori e una cooperazione militare in chiave antiaustriaca.
In questo quadro il Governo piemontese decise di inviare Alessandro Monti a Pest quale ambasciatore.


Il 20 agosto 1849 il colornello Monti, da Orsowa, dava l'addio con un proclama all'esercito ungherese, e tracciava con austera sobrietà il compito eseguito in quei terribili due mesi

Orsowa, 20 agosto 1849

All'armata Ungherese,

Nel doloroso momento nel quale inalienabili destini costringono me e la legione italiana ad abbandonare il territorio ungherese io volgo profondamente commosso un saluto d'addio all'armata magiara.
La mia missione fu quella di raccogliere in un sol corpo gl'italiani che si trovarono sparsi in Ungheria e di organizzarlo militarmente all’uopo di rappresentare col fatto nella nobile lotta magiara le ardentissime simpatie che l'Italia tutta nutrisce per i figli d'Arpat. La legione ha combattuto nei ranghi magiari a Szeghedino e a Temeswar, ed io vado superbo che sangue italiano abbia bagnato il suolo d'Ungheria per la causa della libertà. Ma pur troppo all'ora in cui scrivo ne vennero le cose a tanto precipizio, che la legione italiana, come ogni altro corpo di truppa straniera, non può essere che d'inciampo ad un paese che trovasi nella dura necessità di venire a patti, mentre la nostra posizione diventerebbe poi terribile nel caso che questi patti col comune nemico fossero già a quest'ora un fatto compiuto.
Il governo da me interpellato in proposito mi informò, con quella sincerità di coscienza che lo distingue, della tristissima estremità di sue condizioni, e mi fece comprendere in pari tempo essere ormai terminata la nostra missione in Ungheria.
Non è che dopo questa esplicita dichiarazione accompagnata dalle più onorevoli testimonianze di rispetto e di riconoscenza del governo magiaro, che io mi decido a lasciare la vostra terra, o fratelli ungheresi, onde non esporre inutilmente ad un barbaro destino la vita di tanti nomini altamente compromessi in faccia all'Austria, i quali, essendosi affidati volontariamente alla mia direzione, richieggono da me doveri sacrosanti, dietro ai quali, e non altrimenti, io devo determinare la mia condotta in sì critiche circostanze.
Io raccomando alla vostra generosità quei soldati italiani i quali esausti dai disagi o ritenuti dalle loro ferite non poterono seguirmi.
Egli è con l'animo ripieno di gratitudine, di affezione che mi allontano da voi; piaccia alla Provvidenza di volgere presto in meglio i nostri destini!
Possiamo trovarci in breve ancora là dove si combatte la grande pugna della invincibile libertà, e ricordiamoci sempre che quest'ultima lotta ci ha procacciato l’utile insegnamento, che l'Italia e l'Ungheria quando sappiano unirsi a tempo sono capaci di abbattere l’Austria.

Il colonnello comandante
A. Monti


Parole semplici e toccanti, testamento politico e autoritratto morale di un uomo integno, chiuso e tutto consumato nella sua passione, senza scorie e degno e parentesi declamatorie e vane; degno coronamento di un'opera silenziosa, eroica e disinteressata. Mentre Alessandro Monti dettava queste righe, la disfatta di Vilàgos restituiva alla dominazione austriaca l'intera Ungheria.

Hej de sokat szenvedtél már
Magyarország, édes hazám.
Sanyargatják szegény népid
S a keservét könnyen nézik.

Lám egy vitéz olasz legény,
Idegen földről jövevény.
A bajban ő közénk állott,
Legyen érte százszor áldott

Magyar Isten szeress minket,
Védelmezd igaz ügyünket.
Sok oly barát kellene ide,
Mint az olasz hon küldötte.

Sok a haza ellensége,
Hej mert mindég van irigye.
Segítő csak ritkán akad,
De ha akad, igaz marad

Reménytadó példa Monti,
Öt az Isten is szereti,
Mert veszedelmet nem nézve
Sietett segítségünkre.

Nem felejt a magyar népe,
Megőrzi őt a szívébe'.
Éljen Monti ezredese,
Fajtáját Isten szeresse.

Ha az idő majd megfordul
S a jó szerencse megmozdul
Katonacsillag földerül,
Zabot ő akkor nem koldul

Bizzunk magunk erejében,
Meg Isten segedelmében.
Ha tótágast áll a világ,
Akkor is lesz Magyarország[4]
Oh quanto hai sofferto,
Ungheria, mia dolce patria!...
Come tormentano la tua povera gente,
non curando la sua grande amarezza!...

Soltanto un giovane, coraggioso Italiano
venuto a noi da un lontano paese
fu vicino a noi nei travagli
cento volte egli sia benedetto!...

Proteggici, Dio dei magiari!...
Soccorrici nelle opere giuste,
Dovremmo aver molti amici
come il messo degli Italiani.

I nemici della Patria son molti.
Oh, perché ci son tanti invidiosi?...
Chi ci aiuta, si trova di rado;
ma, se c'è, ci rimane fedele.

Monti, dà forza alle nostre speranze,
ed anche Iddio gli vuol bene,
perché, non badando ai pericoli
egli si affrettò ad aiutarci.

Il popolo Ungherese ricorda,
conserva il suo nome nel cuore.
— Viva il Colonnello Monti! —
Dio benedica la sua schiatta.

Se il cielo alfin si rischiari
e la buona fortuna ci arrida
si riaccende la stella di Marte
e la verità si rivela.

Abbiamo fede nelle nostre forze
e nell’aiuto di Dio.
Se pur tutto il mondo vacilli,
sempre l’Ungheria durerà!...[5]
Deh, quanto hai già sofferto,
dolce mia patria ungherese
la tua povera gente è martoriata
ed il suo amaro dolore nessuno cura

Ma, ecco, un eroe italiano
venuto da terra straniera
è stato accanto a noi nei nostri guai
sia benedetto le cento volte.

O Dio degli Ungheresi abbi amore per noi
e proteggi le nostre giuste opere
molti amici ci occorrerebbero
come il messo degli Italiani.

Son numerosi i nemici della patria,
perché d'invidiosi ce n'è sempre
raramente si trova chi aiuti,
ma se mai si trova tien fede.

Esempio di grande speranza è Monti
anche Dio lo ama.
lui che non curando i pericoli
si affretto a venirci in aiuto.

Non dimentica il popolo ungherese:
esso lo ha caro nel suo cuore.
Evviva il colonello Monti
e Dio protegga la sua razza.

Se ora mutano i tempi
e la fortuna buona si muova,
splende la stella del soldato
e trionfa la giustizia.

Fidiamo nelle nostre forze
e nell'aiuto di Dio
e se il mondo vacilla
l'Ungheria sarà ancora in piedi[4]
FONTI:
1) Pete Laszlo - "Viva l’Unione magiaro-italica!"
2) Gli italiani nella guerra d'Ungheria 1848-49 - Francesco conte di Bettoni-Cazzago
3) Giornale di Brescia 1956-11-14x\
4) Evkönyve es almanachja ... Volume 21 Di Kossuth Lajos Tudományegyetem
5) Vita italiana rassegna mensile di politica interna, estera, coloniale e di emigrazione - 1936
6) L'Illustrazione Italiana 1929
7) ANUARUL INSTITUTULUI DE ISTORIE HATIONALÁ
8) wikimedia.org
9) Società Italiana di Storia Militare (SISM)
10) Comando Rassegna di Studi Politici Militari dal 1940 al '43
11) Enciclopedia Militare del Popolo d'Italia
12) Il popolo di Brescia 1939-07-02
13) Az 1848/49. évi magyar szabadságharc olasz Légiója - István Berkó · 1929
14) A DURA VITA, A DURA DISCIPLINA di Angelo Cerizza